#7 – Lesioni White Spot

Trascrizione della puntata:

Quando si parla di white spot il tema è duplice: prevenzione e trattamento.

Mi è venuta l’idea di parlare di questo argomento curiosando sul sito dell’American Journal of Orthodontics and Dentofacial Orthopedics, alla sezione “most read” cioè contenuti più letti, mi casca l’occhio su un articolo del forum dei lettori del 2010.

Si tratta di una serie di domande le cui risposte sono state elaborate da Sandra Guzman-Armstrong, Jane Chalmers e John J. Warren secondo la letteratura scientifica dell’epoca, che è ancora attualissima da questo punto di vista. Sono partito da questo articolo ma ho pensato bene di andare a pescare anche nella letteratura più recente.

Gli autori parlano innanzitutto di prevenzione, e in questo caso è l’arma migliore che abbiamo.

Per impostare un protocollo corretto

la prima cosa da fare è la valutazione dei rischi individuali. Sono 4 le cose da indagare:

  1. igiene orale
  2. dieta, in particolare l’ uso abituale di bevande gasate, acide e zuccherate.
  3. anamnesi per carie recenti e l’ indice DMFS (decay missing filled surfaces)
  4. mancato utilizzo di coadiuvanti come fluoro, collutorio, ecc.

Parlando di prevalenza, uno studio di Mizrahi su un campione di 269 pazienti prima e dopo il trattamento ha stimato una prevalenza tra il 72 e l’84%, con una incidenza maggiore sugli incisivi laterali superiori vicino al margine gengivale vestibolare, mentre l’incidenza più bassa nei settori mascellari posteriori e mai sulla superficie linguale dei denti anteriori inferiori, anche con il retainer.

Questo suggerisce una resistenza alla decalcificazione delle zone con flusso costante di saliva.

Quali sono i consigli degli autori ?

  • Per quanto riguarda il fluoro, nei soggetti a rischio è consigliato un dentifricio ad alto contenuto di fluoro, fino a 5000 parti per milione, due volte al giorno e fluoro profilassi in studio ogni 6 mesi o ogni 4 se il rischio è molto alto.
    Se come prevenzione l’utilizzo del fluoro nelle sue diverse formulazioni trova tutti d’accordo, Ci sono autori contrari ad un utilizzo del fluoro ad alta concentrazione nel trattamento delle white spot perché il fluoro renderebbe impermeabile lo smalto e quindi più difficile ottenere una rimineralizzazione dello strato sottostante.
  • Per quanto riguarda l’utilizzo del collutorio al fluoro l’evidenza è scarsa, ma soprattutto richiede compliance, e se c’è compliance… c’è già una buona igiene, difficile avere decalcificazioni in ogni caso.
  • Per quanto riguarda lo xilitolo, presente in alcuni chewing gum, se ne consiglia l’utilizzo perché c’è dimostrazione scientifica del suo potere di prevenzione della carie, soprattutto se utilizzato dopo gli spuntini, perché mantiene il flusso salivare e aiuta a ripristinare il pH, oltre al fatto che funziona da carrier per gli ioni calcio.
    Gli autori consigliano di masticare chewing gum per 5 minuti per 3 volte al giorno, ma senza esagerare per via del suo effetto lassativo! (Oltre al fatto che masticare chewing gum con l’apparecchio fisso richiede una certa competenza).
  • Sui prodotti più innovativi con il fosfopeptide di calcio fosfato amorfo, i CPP-ACP sui quali c’è un bell’articolo del 2016 su BioMed Research International nel quale gli autori consigliano l’utilizzo topico due volte al giorno di dentifricio con CPP-ACP per il trattamento e la riduzione delle white spot.

Giunge alle stesse conclusioni una revisione sistematica della letteratura del marzo 2017 uscita sul Journal of EVIDENCE based dental practice. Anche se non esiste ancora un’evidenza scientifica perché la maggior parte di articoli presi in esame da questa review ha un alto rischio di bias.

Un consiglio riportato da più parti è quello di fotografare il paziente prima di cominciare il trattamento ortodontico, anche per capire quali lesioni sono di natura intrinseca, quindi pre esistenti e quali di natura estrinseca, cioè demineralizzazioni dovute a scarsa igiene con i brackets.

La diagnosi differenziale della white spot

si fa con il sondaggio, se la superficie è molto porosa, si tratta di una carie attiva e la prognosi è più favorevole perché proprio la porosità permette più facilmente di incorporare calcio fosfati nel substrato mentre le lesioni bianche ma dure e lisce sono già in un ciclo di rimineralizzazione demineralizzazione e la prognosi dal punto di vista estetico è più discutibile.

Il protocollo di trattamento prevede come prima cosa di lasciare che il dente rimineralizzi in modo naturale, quindi senza utilizzo di fluoro ad alte concentrazioni, seguendo il paziente per circa 6 mesi.

Poi si possono utilizzare prodotti come la resina per infiltrazione (tipo la ICON) o i derivati della caseina come CPP-ACP.

Se permangono le macchie bianche, gli autori propongono lo sbiancamento per ridurre la differenza di colore, ma solo per pazienti con un ottimo livello di igiene orale.

Nei casi più gravi l’articolo contempla anche il ricorso alla micro abrasione o all’applicazione di faccette estetiche.

Se non vogliamo arrivare a proporre un trattamento protesico ad un paziente ortodontico, magari giovane, la strada da percorrere è la motivazione all’igiene.